Ricky Memphis, protagonista con Daniele Pecci della tanto contestata serie “Crimini Bianchi”, è il primo attore italiano ad avere un ruolo centrale in un medical drama senza indossare il camice
Alla vigilia del debutto di “Crimini bianchi”, la fiction in onda dal 24 settembre su Canale 5 cui abbiamo dedicato ampio spazio nelle scorse settimane, si è scatenata una vera e propria tempesta (e non certo “d’amore”!). E le cose non sono migliorate all’indomani della messa in onda, quando le proteste da parte di medici e paramedici, convinti che la serie possa incrinare il rapporto di fiducia fra malati e personale sanitario, si sono fatte anche più intense, culminando con l’appello al Garante delle telecomunicazioni affinché ne sospendesse la programmazione. Fra le associazioni più insofferenti nei confronti di “Crimini bianchi” c’è l’Amami, che si occupa di tutelare i medici italiani che vengono accusati ingiustamente (dobbiamo tenere a mente, infatti, che capita spesso anche questo!): dal suo punto di vista, infatti, la fiction, spaventando i cittadini, potrebbe istigarli alla “denuncia troppo facile”, fatta cioè per pregiudizio (dopotutto, purtroppo, ogni giorno muore qualcuno in ospedale anche se i medici hanno fatto davvero tutto il possibile…) o, peggio, nella speranza di ottenere un risarcimento economico… Finora, infatti, i “camici bianchi” della tv italiana (a proposito, il gioco di parole del titolo, che ha sostituito la parola “camici” con “crimini”, certo non ha contribuito ad allentare le tensioni!) erano stati sempre raccontati come santi, come “eroi”. Ora, invece, non solo si dividono nettamente in “cattivi” e “buoni”, ma questi ultimi si riconoscono perché si aggirano in corsia scortati… dall’avvocato! Già, una delle novità più eclatanti della nuova serie è proprio il ruolo di primissimo piano del “legale”; in pratica, il responsabile delle pratiche burocratiche necessarie a far sì che i “crimini bianchi” siano denunciati, i colpevoli puniti, le vittime risarcite…
A dare un volto a questa figura così “rivoluzionaria” per il “medical drama” di casa nostra (ma molto più consueta nei telefilm d’oltreoceano, dove il problema delle denunce a carico dei medici è molto più sentito) è stato chiamato Ricky Memphis, al secolo Riccardo Fortunati, che veste i panni dell’avvocato Claudio Bruni. Fondatore insieme al dottor Luca Leoni di un’associazione no profit per la tutela delle vittime di malasanità e responsabile legale della stessa, Bruni nelle prime puntate ci è apparso parimenti impegnato nelle indagini necessarie a far luce su i probabili “crimini bianchi” e nel tenere a freno l’amico medico Leoni che, altrimenti, per la smania di giungere alla verità finirebbe per essere a sua volta denunciato…
Come hanno fatto il resto del cast e il regista della fiction, Alberto Ferrari, che ha dichiarato di aver cercato di affrontare l’argomento con estrema verità, per “raccontare di bravi medici che spesso non sono messi in condizione di fare il proprio lavoro al meglio”, anche Memphis ha difeso con convinzione questo suo ultimo lavoro: “andare ciecamente contro i medici – ha infatti commentato – sarebbe stato l’unico vero errore, ma lo abbiamo evitato”. Al di là delle polemiche, comunque, forse non tutti avrebbero pensato a lui per un ruolo del genere; forse, insomma, con la marcata parlata romanesca e la “parolaccia facile” che hanno sempre contraddistinto i suoi personaggi, nell’immaginario collettivo – o per lo meno in quello di chi non vive nella Capitale e in zone limitrofe – l’ex “Ultrà” non ha esattamente le stigmate dell’Avvocato con la “a” maiuscola… Ma a ben guardare, se non fosse che le puntate sono state registrate in presa diretta (cioè registrando video e sonoro contemporaneamente, senza ricorrere a un successivo doppiaggio, ndr), penalizzando così la performance di Memphis la cui dizione, ostacolata dall’inflessione dialettale, non è mai molto chiara (anzi, se proprio vogliamo essere onesti, non è che si capisca molto cosa dice…), la sua recitazione istintiva non si adatta male alla drammaticità dei temi affrontati. Senza contare – e a nostro avviso è il particolare più importante – che questa è comunque a suo modo una serie “investigativa” e il ruolo del detective, del segugio, è da sempre congeniale a questo attore i cui numerosi fan, dopo l’uscita di scena del suo personaggio Mauro Belli, nella sesta stagione di “Distretto di polizia”, avevano protestato rabbiosamente, formando addirittura comitati di protesta per chiederne a gran voce il ritorno. Erano quindi in molti ad attendere con ansia il suo ritorno alla serialità televisiva in un ruolo di primo piano. Detto, fatto! A esaudire il loro desiderio ci ha pensato Pietro Valsecchi, guarda a caso produttore, oltre che di questa tanto contestata fiction, anche di “Distretto” e, quindi, perfettamente conscio della grande popolarità di Memphis.
Quanto alla parlata borgatara che, a nostro avviso, ormai penalizza pesantemente questo attore non privo di talento, precludendogli un successo più trasversale e probabilmente anche ruoli che si distacchino maggiormente dall’icona del poliziotto tagliato un po’ “con l’accetta”, lo stesso Ricky, in una intervista rilasciata tempo fa a “La Stampa” spiegò perché ancora non avesse “rimediato”: “(…) mi è sempre andata bene, fa tanto ragazzo di borgata, dà spessore al mio personaggio. Però adesso mi sto rendendo conto che questo linguaggio mi limita. Solo che, come al solito, non ho voglia di lavorarci sopra”. Un po’ come è successo con i corsi frequentati per migliorare le sue interpretazioni: “Per recitare – ha raccontato nella stessa occasione – ho frequentato degli stage con l’Actor Studio. Ma a che mi sono serviti? A niente. Il metodo è valido, ma poi io non lavoro abbastanza su me stesso: sono pigro, non mi sforzo!”. Cosa possiamo aggiungere noi? Un tipo così, di solito, o lo si detesta o lo si ama. E a quanto pare, ad amarlo, per il momento sono in molti! ★